domenica 8 maggio 2011

Santa Maria della Sorresca

pochi potranno capire, i soliti affezionati alle nostre tradizioni, quelle di quel paesello lì dimenticato da tutti se non dagli assidui turisti che, d'estate, riempono ed inebriano di spensieratezza le vie del Circeo. E' una gran bella fatica, svegliarsi la mattina all'alba e tornare con il sole dietro il promontorio già da qualche ora, sostenere il peso di quella statua bianca-azzurra, tenere nelle file tutta quella folla accorsa ad intonare canti sacri, entrare in quel piccolo nido di preghiera immerso nell'azzurro del Lago di Paola, ma a noi fedeli non importa, camminiamo imperterriti nella pioggia o sotto il sole pungente: Lei è più importante del nostro corpo che chiede riposo, Lei deve essere onorata come si deve. Santa Maria della Sorresca. Un nome, mille storie ed altrettante emozioni. La prima volta che seppi qualcosa di lei fu sulle ginocchia di mio nonno, chi meglio di lui che fece parte della Confraternita, che ricostruì la Chiesa, chi meglio di lui che aveva la Sorresca nel cuore poteva farmi innamorare di Lei? "Era una mattina di tante estate fa", mi diceva mentre attenta catturavo le sue parole come una pianta cerca la rugiada primaverile, " e dei pescatori intenti nel loro lavoro rimasero in mezzo al Lago. Pensavano di aver finito il carburante, che il motore fosse andato in avaria, ma le loro reti erano piene: piene di santità, piene di bianco-azzurro che si mescolava, pieno di marmo. Tirandola su si resero conto che era una statua. Si dissero di portarla subito al Circeo essendo loro di qui e facendo parte il lago di questo territorio. Tutti accorsero a vederla, chi ne rifece le parti mancanti, chi le costruì una piccola nicchia, chi l'adornò con fiori ed oro, ma tutto fu inutile. La mattina successiva, come per magia della Maga Circe, era tornata lì: nel letto di Paola. Le ricerche continuarono per giorni e giorni, fin quando gli stessi pescatori la ritrovarono. Il lago era un tremitio di pesci, il pescato aumentava giorno per giorno e per renderle grazie tutti i marinai si unirono e la portarono, sorreggendola sulle spalle, dalla piccola chiesucola di Sabaudia, fino a quella circense." Nei miei occhi, come nella mia mente, c' era un fremito di emozioni e immaginazioni. Chissà come era bello il Paese in festa, chissà quanto era bella lei avvolta in quel mantello, che sfidava come oggi il vento che le accarezza la pelle marmorea. Non dimenticherò mai i racconti di mio nonno e di tutte le persone che, come me, credono in lei fermamente. Ti riempie il cuore, non t'importa più nulla, tu segui il cammino per Lei anche se faticoso. Mi ha sempre incuriosito come faccia a far accorrere tutti quei fedeli da ogni parte del Lazio nonostante siano rimasti in pochi a credere alle bugie della Chiesa. Lei riesce ad unirli, a farli diventare credenti seppur per un giorno e a pregare che la sua festa giunga il più presto possibile. La notte poi, s'illumina con te che torni nella tua piccola dimora, nel Paese s'intonano canti per te dolce creatura del Lago. Ritorni lì, nel tuo piccolo angoletto cattolico, rimanendo salda nei nostri cuori per un anno in più, facendoci ricordare che essere sanfeliciani vuol dire credere in te, essere uniti per te, pregare per te e tenere la tua immagine infissa negli occhi nei momenti di difficoltà. Te ci sei: gli altri no.

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