martedì 10 maggio 2011

un ti voglio bene sospirato...

giorno speciale direi. Giorni che capitano una volta l'anno, un po come la falsità racchiusa nelle tavolate natalizie e gli auguri scambiati con persone che fino a tre secondi prima eri solito prender a parolacce. Oggi è il tuo compleanno, quarantanovesimo compleanno, per la precisione. Quarantanove anni di infinite ingiustizie, passati con un padre andato via troppo presto e mai amato, nato tra schiaffi morali e corporali, nato in una casa troppo piccola per tutti quei fratelli che non ti hanno mai coccolato né viziato, con una mamma troppo sola e all'antica per poterti aprire le porte del mondo. Eh già, le coccole. Te non eri in grado di farle e forse neanche ora lo sei, ma te sei così. Sei il papone dei giorni no, quando ci appiccichiamo per un nonnulla, sei il papone dei giorni sì quando prendi la macchina e mi porti al mare e sei il papone davanti alla playstation perchè te i giochi non li hai mai avuti. Che infanzia triste la tua, senza cibo per l'anima e per il corpo, senza soldi per te e la tua famiglia, senza una mano pronta a sorreggerti nei momenti di difficoltà, senza qualcuno che ti indicasse la retta via o una parola di conforno: nulla. Solo questo c'era intorno a te. Ogni volta che mi racconti qualcosa di te mi sale la malinconia: mi sembra di vivere una favola; quella di Cenerentola al maschile però. Non riesco ad immaginare quel nonno che non ho mai conosciuto come una persona così severa e arguta, privo di sentimenti e pietà nei confronti di un piccolo angioletto che dorme tranquillo nel suo lettino. Non pensavo che queste cose esistessero, le vedevo troppo lontane da questa realtà viziata e insensibile. Sì, è vero. Io e te siamo troppo diversi, gli anni, la testardaggine, le diverse abitudini e le visioni del mondo opposte ci fanno sembrare ostili, ma in fin dei conti io e te lo sappiamo che le cose non stanno così, lo sappiamo tutti e due che quel giorno mentre tornavi da Roma il cuore ci batteva forte e le lacrime a stento restavano negli occhi, lo sappiamo tutti e due che se ci attacchiamo è solo perchè te hai una giusta visione della realtà, di un fato già prescritto, della cattiveria innata della gente e di un mondo infelice: io invece ti combatto. Ti combatto perchè non voglio vedere o nero o bianco, mi voglio godere tutte le sfumature del grigio, anche se fanno male e se ti lasciano il magone alla gola. Ti combatto così, con semplici parole, anche se a volte non sono quella di una figlia perfetta e di questo me ne rendo conto, ma per me tutto passa dopo tre secondi, perchè lo so che te ci doni tutto quello che non hai mai avuto, ci ami come non ti hanno mai amato, ci rendi felice impoverendo te stesso e pensandoti sempre per ultimo. Litigheremo anche, ma per me rimani sempre il miglior papà, quello che ama i miei ricci, che mi rimprovera sempre, che mi dice di prendere esempio dalla sua cocca preferita, che non mi chiede mai come è andata a scuola, non s'interessa dei miei voti perchè ha fiducia in me, che si dimentica le cose dopo cinque minuti, che mi definisce imbranata nella guida ma ingegnere nelle cose!! Sta sera le mie parole sono tutte per te, quelle che non ti ho mai detto e che magari mai ti farò leggere, quelle che per te non ho mai usato perchè forse non t'interessano e mai le capirai... vabbè io ci provo, ci provo a dirti che TI VOGLIO BENE, che sei il migliore e, anche se sei troppo capoccione come me, cercherò di fare la brava e diventare ciò che tu voglia che io sia...

domenica 8 maggio 2011

Santa Maria della Sorresca

pochi potranno capire, i soliti affezionati alle nostre tradizioni, quelle di quel paesello lì dimenticato da tutti se non dagli assidui turisti che, d'estate, riempono ed inebriano di spensieratezza le vie del Circeo. E' una gran bella fatica, svegliarsi la mattina all'alba e tornare con il sole dietro il promontorio già da qualche ora, sostenere il peso di quella statua bianca-azzurra, tenere nelle file tutta quella folla accorsa ad intonare canti sacri, entrare in quel piccolo nido di preghiera immerso nell'azzurro del Lago di Paola, ma a noi fedeli non importa, camminiamo imperterriti nella pioggia o sotto il sole pungente: Lei è più importante del nostro corpo che chiede riposo, Lei deve essere onorata come si deve. Santa Maria della Sorresca. Un nome, mille storie ed altrettante emozioni. La prima volta che seppi qualcosa di lei fu sulle ginocchia di mio nonno, chi meglio di lui che fece parte della Confraternita, che ricostruì la Chiesa, chi meglio di lui che aveva la Sorresca nel cuore poteva farmi innamorare di Lei? "Era una mattina di tante estate fa", mi diceva mentre attenta catturavo le sue parole come una pianta cerca la rugiada primaverile, " e dei pescatori intenti nel loro lavoro rimasero in mezzo al Lago. Pensavano di aver finito il carburante, che il motore fosse andato in avaria, ma le loro reti erano piene: piene di santità, piene di bianco-azzurro che si mescolava, pieno di marmo. Tirandola su si resero conto che era una statua. Si dissero di portarla subito al Circeo essendo loro di qui e facendo parte il lago di questo territorio. Tutti accorsero a vederla, chi ne rifece le parti mancanti, chi le costruì una piccola nicchia, chi l'adornò con fiori ed oro, ma tutto fu inutile. La mattina successiva, come per magia della Maga Circe, era tornata lì: nel letto di Paola. Le ricerche continuarono per giorni e giorni, fin quando gli stessi pescatori la ritrovarono. Il lago era un tremitio di pesci, il pescato aumentava giorno per giorno e per renderle grazie tutti i marinai si unirono e la portarono, sorreggendola sulle spalle, dalla piccola chiesucola di Sabaudia, fino a quella circense." Nei miei occhi, come nella mia mente, c' era un fremito di emozioni e immaginazioni. Chissà come era bello il Paese in festa, chissà quanto era bella lei avvolta in quel mantello, che sfidava come oggi il vento che le accarezza la pelle marmorea. Non dimenticherò mai i racconti di mio nonno e di tutte le persone che, come me, credono in lei fermamente. Ti riempie il cuore, non t'importa più nulla, tu segui il cammino per Lei anche se faticoso. Mi ha sempre incuriosito come faccia a far accorrere tutti quei fedeli da ogni parte del Lazio nonostante siano rimasti in pochi a credere alle bugie della Chiesa. Lei riesce ad unirli, a farli diventare credenti seppur per un giorno e a pregare che la sua festa giunga il più presto possibile. La notte poi, s'illumina con te che torni nella tua piccola dimora, nel Paese s'intonano canti per te dolce creatura del Lago. Ritorni lì, nel tuo piccolo angoletto cattolico, rimanendo salda nei nostri cuori per un anno in più, facendoci ricordare che essere sanfeliciani vuol dire credere in te, essere uniti per te, pregare per te e tenere la tua immagine infissa negli occhi nei momenti di difficoltà. Te ci sei: gli altri no.