giovedì 17 marzo 2011

siamo donne...

Imparalo adesso e imparalo bene, figlia mia. Come l'ago della bussola segna il nord, così il dito accusatore dell'uomo trova sempre una donna cui dare la colpa. Sempre, ricordalo”.


Da giorni riecheggia nella mia mente questa frase. Dopo aver letto “ mille splendidi soli” di Khaled Hosseini tra un cliente e l'altro, sono sempre più stanca della situazione in cui vivo. Posso ben capire la povera Mariam costretta a sposarsi appena quindicenne, a subire i soprusi del marito, a partorire una figlia indesiderata e a vivere in un mondo schifoso proprio come questo in cui mi trovo io. Basta, io voglio ribellarmi. Voglio abbandonare questo lavoro e andarmene il più lontano possibile per rifarmi una vita e chissà, forse, li troverò il vero amore quello con la “a” maiuscola che non ho mai provato né tanto meno ottenuto se non letto in qualche libro. Sarà che oggi è la festa delle donne e io sono costretta a restare qui, in questa squallida camera d'albergo ad attendere i miei clienti. Non ho mai voluto fare questo, mi sarebbe piaciuto continuare la scuola, laurearmi nel mio paese e diventare geometra, ma li non c'è lavoro e mio padre mi ha mandato qui, in Italia.“ Avrai un marito e tanti bambini, una bella casa e la possibilità di realizzare ogni tuo sogno” mi aveva detto ed ora? Tutto ciò io non l'ho mai ottenuto. Soltanto maltrattamenti, dolori da sopportare in silenzio, nodi alla gola da soffocare e il gusto dell'amaro in bocca ogni volta che bussano alla mia porta. Sono pagata per fare questo schifo di lavoro e io in cambio non ricevo niente se non un panino, un letto in cui dormire e, se abbiamo incassato molto, un giorno di libertà...allora vado in spiaggia, mi sdraio, penso alla mia vita e inizio a piangere. Solo le lacrime possono alleviare le mie pene, solo in questo modo riesco a sfogarmi e ha buttare fuori un briciolo di tristezza. Poi torno in hotel. Mi piacerebbe aprire la porta e sentire i passi dei miei bambini mentre gridano “mamma sei tornata!!”, poserei le buste della spesa per terra e li abbraccerei. La chiave gira nella serratura e si torna alla dura realtà. Comincio a ripudiare il mio corpo, toccato troppo e da tante mani straniere, mi faccio pena e compassione da sola, non mi piaccio più, mai una parola di conforto, qualcuno che sia clemente con me, che mi chieda “come stai”, che mi faccia sentire ben accetta... ogni giorno che passa accresce sempre di più in me la voglia di ribellarmi. Ma come faccio!? Ogni volta che qualche mia collega ci ha provato è finita in ospedale picchiata da quell'animale che gestisce il nostro traffico. Ci vendono al miglior offerente come si fa con gli animali, non ricordandosi però che noi abbiamo un cuore come loro. O è proprio questo che ci differenzia? Forse Dio ha donato loro un cuore capace solo di pompare il sangue nelle vene mentre a noi donne ha aggiunto come optional quello di poter provare dei sentimenti. Devo riscattarmi ai miei occhi, da quelli dei miei genitori ignari di tutto e da quelli della gente che ci immagina felici in questa situazione non sapendo che, gli unici a gioire, sono i nostri clienti, quei soliti frustrati e insoddisfatti dalla moglie che preferiscono tradirla con una di noi. Che schifo. Io farei qualsiasi cosa pur di avere una bella famiglia e invece non ho neanche un briciolo di dignità. Oggi esco da qui. Mi vesto e per la prima volta vado io a vendicami di qualcun altro. La caserma dei carabinieri è vicina, il nome di colui che ha messo su questo schifo è ben stampato nella mia mente e questa sera, 8 marzo 2011, io e le mie ex colleghe ci sentiremo per la prima volta donne e non oggetti.

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